LO SPORT A LIVELLO AGONISTICO. A quanti anni si può iniziare e come influisce sullo sviluppo del bambino?

Fare sport è un ottimo modo per incanalare positivamente l’energia di un soggetto in età evolutiva e scegliere uno sport agonistico per i propri figli è una scelta molto comune fra i genitori italiani. 

Le attività sportive favoriscono lo sviluppo motorio e psichico in giovane età: ma attenzione a non focalizzarsi sul risultato.

Si può indicare all’incirca dall’età di 6 anni l’età ottimale per iniziare la pratica sportiva a livello agonistico. A quest’età infatti i bambini hanno acquisito quelli che vengono chiamati fundamental movement skills (FMS). Sono gli schemi motori essenziali (camminare, correre, saltare, lanciare, rotolare, arrampicare) che costituiscono un prerequisito fondamentale al fine di costruire le abilità più complesse delle discipline sportive. Prima di questa età si può dire, in generale, che non ci sono le “fondamenta motorie” per un approccio all’agonismo.

Se l’avviamento all’agonismo è ben condotto ci possono essere diversi effetti positivi nei bambini. Uno sport praticato in questo modo influisce sullo sviluppo fisico motorio, sulla psiche come stimolo al superamento delle proprie capacità e dei propri limiti, e ha anche l’effetto di smorzare l’aggressività. Attenzione però a indirizzare tutto l’entusiasmo di cui i bambini dispongono nel modo giusto. Infatti, l’approccio competitivo agonistico libera un’eccezionale energia emotiva e, per questo, una conduzione dell’allenatore superficiale o, peggio, irresponsabile, può creare frustrazione e degenerare in comportamenti patologici e antagonistici. L’educatore o allenatore giovanile gioca, quindi, un ruolo fondamentale perché deve attribuire alla pratica sportiva un risvolto educativo.

Se l’avviamento all’agonismo viene proposto in modo non adeguato si possono creare livelli eccessivi di stress fisico e psichico. Si possono identificare una serie di rischi principali se una proposta di agonismo è mal formulata e questi sono: 

  • una riduzione delle altre attività sociali per dedicare troppo tempo all’allenamento;
  • una visione aggressiva ed egoistica della vita in cui i soggetti meno dotati vengono emarginati;
  • una distrazione dal reale processo educativo motorio che dovrebbe essere sviluppato a prescindere dal risultato sportivo.

Si può affermare, quindi, che è molto rilevante il substrato psico-relazionale in cui viene a trovarsi il soggetto che si trova ad affrontare il passaggio dall’attività sportiva intesa solo come gioco ad una pratica sportiva agonistica. 

In questo ambito giocano –naturalmente- un ruolo fondamentale genitori e allenatori. 

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